top of page

L'aikidō è un'arte marziale giapponese praticata sia a mani nude sia con le armi bianche tradizionali del Budo giapponese di cui principalmente: "ken" o “bokken” (spada), "jo" (bastone) e "tanto" (il pugnale).

I praticanti sono chiamati aikidoka

La disciplina dell'aikido fu sviluppata da Morihei Ueshiba anche chiamato dagli aikidōka Ōsensei  ossia Grande maestro a cominciare dagli anni trenta del '900.

L'Aikido deriva principalmente dall'arte marziale del Daitō-Ryū Aikijūjutsu, dalla quale però iniziò a prendere le distanze, sviluppandosi come disciplina autonoma, a cominciare dalla fine degli anni Venti. La parola AIKIDO linguisticamente è formato da tre ideogrammi indipendenti: deriva da  tre caratteri sino-giapponesi: 

ai ki  道

合氣道 (ai-ki-dō) significa quindi innanzi tutto: «Disciplina che conduce all'unione ed all'armonia con l'energia vitale e lo spirito dell'Universo» ossia il "cammino dell’unione delle energie dell’uomo" sia fisiche che mentali o spirituali; è una filosofia di vita, che pone l’uomo in armonia con il resto dell’universo in cerca di un completo sviluppo spirituale.

L’Aikido è un’arte per mezzo della quale si può giungere all’auto-realizzazione o auto-precisione. E’ anche una scienza, perché per apprenderla bisogna studiare e applicare le leggi fisiche naturali (gravità, inerzia, leva, equilibrio, ecc.).

L’Aikido è anche un mezzo di difesa personale quando le sue tecniche si applicano in casi concreti. Si può anche considerare come uno sport; infatti l’attività è svolta al graduale miglioramento fisiologico dell’individuo (elasticità, flessibilità, sviluppo cardiovascolare, ecc.).

L’Aikido è il risultato storico di lunghi anni di studio condotti dal suo fondatore Morihei Ueshiba ,nel campo delle principali specializzazioni dell’esperienza marziale giapponese conosciuta in epoca feudale come bujutsu.

Nel 1967 in occasione dell'inaugurazione del suo dojo il fondatore, o’sensei, tiene la sua ultima dimostrazione in pubblico. La città di Tokyo riconosce ufficialmente l'insegnamento dell'aikido. 

Nel processo di diffusione dell'aikido in Europa possiamo riconoscere lo stesso fenomeno di osmosi verificatosi in altre parti del mondo fra i pionieri occidentali dell'aikido da un lato e gli istruttori giapponesi dall'altro: i primi, dopo aver appreso i fondamenti dell'Arte in Giappone (taluni anche direttamente dal fondatore, Morihei Ueshiba), ritornano in patria propagandando con ardore il messaggio ricevuto ed i secondi, in risposta alle sollecitazioni ricevute dalla presenza dei pionieri occidentali, accettano di essere inviati dall’Aikikai Foundation in occidente (o ci arrivano di loro propria iniziativa) con la missione di sostenere l'opera di insegnamento profusa da questi primi pionieri occidentali dell'Aikido.

La finalità dell'aikido non è rivolta al combattimento né alla difesa personale, pur utilizzando per la sua pratica uno strumento tecnico che deriva dal Budo, l'arte militare dei samurai giapponesi; l'aikido mira infatti alla "corretta vittoria" che consiste nella conquista della "padronanza di se stessi" resa possibile soltanto da una profonda conoscenza della propria natura interiore: per cambiare il mondo occorre prima cambiare se stessi!

L'aikido, pur discendendo quindi direttamente dal Budo giapponese e pur conservando e utilizzando nella sua pratica tutto il bagaglio tecnico di un'arte marziale, non è tuttavia finalizzato al combattimento e quindi a un risultato di tipo militare o di difesa personale, come potrebbe apparentemente sembrare, ma è finalizzato allo studio delle dinamiche che entrano in gioco nel rapporto fra gli individui nell'occasione di un conflitto e/o un combattimento fra di loro; a tal fine, pur utilizzando il patrimonio tecnico appartenuto alle arti marziali giapponesi, in particolare al jujitsu, e pur simulando circostanze di conflitto e di combattimento, l'aikido non condivide la finalità dell'uccisione dell'avversario e neppure dell'offesa dell'avversario allo scopo di realizzare una difesa personale. L'aspetto dell'arte marziale e/o della difesa personale si riconducono all'aikido solamente in modo indiretto, quale elemento secondario della pratica.

Chi pratica l'aikido secondo il corretto intendimento e finalità del fondatore, è invece colui che ha maturato in sé l'obiettivo primario della pratica di una "disciplina interiore" e trasferisce questa finalità anche nella propria normale vita quotidiana e nel proprio modo di essere e di porsi verso altri, che è quello di colui il cui animo non si confronta. Questo significa che, nell'avanzamento della pratica, l'aikidoka compie un percorso evolutivo nel quale il proprio spirito di competizione che inizialmente lo porta a lasciarsi spronare dal gusto e dal desiderio di confrontarsi con gli altri, man mano lascia il posto al gusto e al desiderio di confrontarsi con sé stesso, interiorizzando la propria pratica nell'impegno di superare sistematicamente i propri limiti a prescindere dagli altri: questo è il significato di possedere un "animo che non si confronta", il quale si realizza quando lo spirito di competizione si è spostato dal confronto esteriore con gli altri al confronto interiore verso se stessi. L’Aikido infatti non conosce nessuna forma di competizione, gare o altro al suo interno.

Nella tradizione giapponese per la trasmissione della conoscenza dell'Aikidō, il Maestro spiega l'Aikidō attraverso le parole, fornendo la visualizzazione razionale della tecnica rivolgendosi alla mente ed alla comprensione intellettuale dell'allievo che quindi apprende la spiegazione della tecnica con la mente. il Maestro poi insegna  l'aikidō attraverso il corpo con l'esempio della propria pratica sul tatami, fornendo la visualizzazione dell'esecuzione concreta e fisica della tecnica all'allievo (corretta dinamica fisica, corretto impulso interiore e corretta postura della mente e dell'animo), x costituire l’efficacia dei movimenti. Per questo motivo tradizionalmente la lezione di aikido inizia con esercizi di respirazione e concentrazione con cui il Maestro genera attorno a sé quella particolare atmosfera di empatia fra gli allievi e la sua persona che funge da stimolo all'emulazione e che induce l'allievo ad apprendere a sua volta il movimento con il proprio corpo per emulazione del Maestro. La didattica dell'Aikidō è dunque un'attività assai delicata, che necessita di essere adeguatamente sostenuta in entrambe le sue due componenti essenziali: la spiegazione verbale e l'insegnamento della parte inesprimibile.

L'Aikidō s'insegna quindi con l'esempio, s'impara per imitazione ed emulazione del Maestro, si memorizza fisicamente nel corpo e nella sfera istintuale.

bottom of page